Fino a quando la medicina tratterà l’effetto anziché ricercare la causa, il corpo resterà in sofferenza. (dal film “La crisi” di Coline Serreau)
Ho conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia e la Specializzazione in Fisiatria presso l'Università di Genova, sono medico esperto in Agopuntura secondo la Medicina Tradizionale Cinese (corso quadriennale Scuola So-Wen-Milano) e in Posturologia con attestato italiano di Posturologia C.I.E.S., College International d'Etude de la Static, ho frequentato e conseguito il Master di II livello in Idrologia Medica e Medicina Termale dell'Università di Pavia.
Sono iscritta all’AMPAS (Associazione Medici Per un'Alimentazione di Segnale).
Dopo la Laurea e le Specializzazioni Universitarie, ho arricchito la mia preparazione e conoscenza professionale con corsi di studio e di aggiornamento, che mi consentono di svolgere l'attività di medico in libera professione in modo globale, ponendo sempre la persona e la sua individualità al centro del processo di diagnosi e cura.
Mi occupo di dolore muscolo-scheletrico, in particolare della colonna vertebrale e del piede, di osteoporosi e mi interesso di medicina del benessere psico-fisico (alimentazione, attività fisica e equilibrio emotivo).
Sono iscritta all'Albo dei Medici Chirurghi della provincia di Savona, alla Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa (S.I.M.F.E.R.), alla Società Italiana di agopuntura (S.I.A.).
Perché a tre anni ho deciso che avrei fatto il medico. Ho parecchi ricordi dei miei primi anni di vita, alcuni nitidi, altri un poco nebulosi.
Quelli più nitidi li ho scolpiti nella memoria, ad esempio quando mi nascondevo sotto il tavolo perché non volevo andare all’asilo.
Allora avevo il timore di essere abbandonata, l’ho capito decenni dopo cercando una spiegazione a quel mio ostinato comportamento: era uno strazio vedere mia madre andare via mentre la suora mi tratteneva tra le sue braccia amorevoli, io vivevo ogni volta un terribile distacco con lacrime e singhiozzi, tanto che i miei genitori dopo pochi mesi decisero che era meglio non insistere.
Sarà per questo motivo che non ho mai voluto che i miei affetti più cari si sentissero abbandonati e per tutti coloro che si sono rivolti a me come persona e più tardi come medico, ho sempre cercato di dare accoglienza e conforto.
Sono stata una bambina molto amata, vivevamo in campagna tra galline e conigli, in estate era un turbinio di cicale e rane, in autunno mi piaceva andare a raccogliere funghi con mio padre. Con il passare del tempo i ricordi vengono riportati e forse anche un po' romanzati.
Così nella mia famiglia si racconta che io a due anni, passeggiando con nonna e zie in una stradina, fui attirata da un miagolio sottile e continuo: una gatta randagia con i suoi piccoli appena nati erano lì, seminascosti nell’erba ed io volevo portarli via con me per accudirli e metterli al sicuro e dato l’affettuoso diniego dei parenti, cominciai a strillare e a puntare i piedi, ferma sulle mie gambine.
Da quel tempo in poi mi ha spesso accompagnata una forte e coinvolgente emozione, sempre mossa dal sentirmi vicino al più indifeso e al più debole.
L’empatia è infatti il sentimento che da sempre sento più mio: riconoscere le emozioni e i vissuti dell’altro come se fossero i miei, quel sentire che va' al di là della comunicazione verbale e che si manifesta subito, con l’immediato desiderio di abbracciarlo e dire : non ti preoccupare, ora ci sono io e risolveremo insieme…
L’avete mai provato? E avete mai percepito la compassione, nel vero e nobile senso etimologico del termine e nel rispetto della persona?
E il mettersi al servizio dell’altro… è stato proprio in quei miei primi anni di vita, davanti ai gattini appena nati o mentre facevo amorevolmente a pezzi una bambola per capire come fosse fatta (lezioni di anatomia da autodidatta) che ho deciso che da grande avrei fatto il medico o meglio, come dicevo spesso “il dottore, io voglio fare il dottore”.
A tre anni si può decidere qualcosa? L'istinto è spesso un buon maestro consigliere. E mi piaceva il mio pediatra, Uomo di profonda cultura e non solo esperto di Medicina, che sapeva interpretare i timori di tutti i suoi piccoli pazienti e riusciva a visitarli come un bravo papà e a farli stare bene usando terapie, sorrisi e se era il caso, anche rimproveri.
Sono stata fortunata, sono riuscita a diventare quello che volevo e a svolgere il mestiere che sognavo di fare a tre anni : per questo il più grande ringraziamento va ai miei genitori che hanno voluto / saputo sacrificarsi per farmi raggiungere il mio obiettivo : sono un medico con fiere origini contadine…
Ho preparato alcuni esami dei primi anni di università mentre davo il mangime agli animali nel cortile o mentre innaffiavo l’orto e dalla madre Terra ho imparato tanto: a dare, indipendentemente dal ricevere qualcosa in cambio perché la gratificazione è insita spesso nel donare il proprio sapere, le proprie conoscenze e il proprio tempo per far star meglio l’altro.
Infatti non ho mai pensato di fare il medico per raggiungere un "traguardo sociale", spesso ho praticato parcelle differenziate secondo le possibilità economiche delle persone e molte volte non ho chiesto nulla.
Un medico romantico, perché no… romantico, preparato, coscienzioso e anche amorevole, come dice Patch Adams.
Ho voluto fortemente diventare medico e ho fatto dello studio della Medicina una delle mie ragioni di vita.
Già negli anni dell’università e poi successivamente nei reparti e nelle corsie degli ospedali per fare esperienza diretta, lì ho avuto dei grandi Maestri dai quali ho imparato molto di Medicina con la “M” maiuscola: la capacità di ascoltare il paziente, la sapiente raccolta dell’anamnesi, la semeiotica, il ragionamento clinico per la diagnosi differenziale…
Da quarant’anni studio e mi aggiorno quotidianamente, lo devo a me stessa, alla mia crescita personale e professionale e soprattutto alle persone che si rivolgono a me medico e che a me richiedono competenza e disponibilità.
Lo faccio per dovere etico e per rispetto nei confronti della persona che prendo in cura, non mi interessa che dicano che “sono brava”, non mi piace la gratificazione fine a se stessa o per alzare l’autostima, certo è che non sarei in pace con me stessa se avessi la sensazione di non aver fatto abbastanza per chi, paziente, si è affidato a me.
L’unico mestiere che so fare è quello del medico e ora, dopo 35 anni, mi chiedo se quella attuale e presente da qualche anno, è la medicina che mi ha fatto “innamorare”.
Sulla risposta nutro dubbi e perplessità. Certo, nulla resta identico nel tempo , ma nel caso della medicina quando si perde la dimensione umana, quando la politica ha su di essa il sopravvento, quando sembra tutto standardizzato e uniformato, privo di senso e capacità critica, spesso è difficile trovare la voglia e il coraggio di proseguire.
Quello che resta immutato è l’amore e il rispetto verso l’Uomo, la sete di conoscenza medica supportata da un profondo senso critico e la tenerezza che provo nel ricordo di quella piccola bimba che faceva a pezzi le bambole per capire come fossero fatte dentro sognando di diventare un “dottore”.
La mia certezza è che finchè ci saranno le condizioni per farmi sentire un “buon” Medico, continuerò a farlo e ad esserlo, in caso contrario potrò dire con orgoglio di esserlo stato.